La maestra a righe

Alla maestra a righe non piacevano le righe.

Naturalmente il suo lavoro era insegnare a scrivere in modo ordinato, sulle righe, anche se pensava che fosse molto più importante cosa si scriveva di come lo si scriveva.

Nelle pause della giornata, e alla sera, tirava sempre fuori un piccolo quadernetto con i fogli bianchi e scriveva fitto fitto, in uno stampatello un po’ matto con tutte le lettere attaccate, che solo lei riusciva a leggere.
D’altra parte scriveva a sé stessa. La sua vita era così piena di bambini vocianti che aveva bisogno di quei momenti, come per fare silenzio, come per spegnere un attimo una luce abbagliante.
La maestra a righe amava il suo lavoro e amava stare in mezzo ai bambini, a tanta fantasia e a così poche righe, ed era sempre di buon umore.

Ma un giorno perse il suo quaderno con le pagine bianche e i suoi pensieri e si intristì moltissimo, le sembrava di aver perso una parte di sé. I bambini se ne accorsero e scherzavano per farla ridere ma senza risultato.

Poi una bambina tranquilla che a volte la osservava scrivere, le disse: “Quello che hai scritto è dentro di te, non puoi averlo perso, devi raccontarlo per farlo vivere.”

Era la medicina giusta, la maestra guarì in un attimo e da quel giorno, nelle pause in cui spegneva la luce abbagliante, cominciò a scrivere delle piccole storie, che poi regalava ai bambini e a qualche genitore.

Erano delle bellissime storie scritte in bella calligrafia, su fogli a righe.

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